venerdì 19 gennaio 2007

Lingue Morte e Cervelli Vivi


Ho scoperto una cosa interessantissima. Ogni anno in India 260 mila giovani si affacciano al mondo della Scienza e della Tecnologia dell’informazione. Ingegneri, informatici, matematici. 260 mila lauree in queste discipline ogni anno. Quello che però colpisce è la composizione di questa schiera di scienziati: la maggior parte di loro appartiene alla casta dei brahmani. La legislazione sociale indiana, per tutelare le caste più disagiate che sono anche le più numerose e le più “pesanti” alle urne, vieta loro l’accesso alla carriera della pubblica amministrazione. Sono dunque costretti a ripiegare altrove, ma nelle discipline in questione questi ragazzi partono con una marcia in più. Presentano infatti una spiccata propensione allo studio ed al pensiero astratto, favorita dal profondo studio del sanscrito che si pratica nella casta dei brahmani. E il sanscrito, una lingua morta che più morta non si può, obbliga a sviluppare un sistema di ragionamento scientifico, che ingigantisce la capacità di astrazione e prepara i giovani allo studio della matematica e dell’informatica che altro non sono che sistemi di astrazione. Inaspettatamente – ma nemmeno poi tanto – l’antica sapienza indù si è rivelata vincente nel mondo moderno. Onestamente covo un po’ di rabbia e un po’ di invidia, io che vivo in un’Italia che ha sancito la fine degli studi classici e delle lingue morte perché – nonostante base del nostro etimo e della nostra cultura – inutili ai nostri tempi. Quello che per noi era un peso, loro sono riusciti a trasformarlo in una risorsa. E a tal proposito vi segnalo questo interessantissimo post comparso sul blog dell’amico Mariano.

Ave atqe vale!

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